La Casina Deliceto Residenza rurale 1865

Questo sito utilizza i cookie per migliorare servizi e esperienza dei lettori. Se decidi di continuare la navigazione consideriamo che accetti il loro uso.

Maggiori Informazioni

OK

La Casina Deliceto Residenza rurale 1865
Erano chiamate casine, nell’800, le dimore di campagna della buona borghesia, che vi si trasferiva, con bagagli e servitù, per lunghi periodi al tempo della raccolta, oppure per la villeggiatura. Per cui, ad onta del nome riduttivo, erano dimore grandi e di prestigio. “La casina” era una di queste. Fu costruita dal canonico Don Mattia D’Ambrosio, appartenente ad una delle famiglie delicetane più ricche ed influenti dell’epoca; era il 1865 e volle che l’avvenimento fosse ricordato ai posteri, con una lapide, collocata sull’ampio portale e sormontata dallo stemma di famiglia. La lapide , come allora si usava, è scritta in latino: 
Haec arva, arbores et aedes,
emit sevit erexit
Mathias D’Ambrosio,
A.D. 1865
(Questi campi, alberi ed edifici comprò coltivò ed eresse Mattia D’Ambrosio nell’anno del Signore 1865).

Il canonico seppe scegliersi un posto prestigioso: una collina alta 551 metri, sulle falde del boscoso monte S. Quirico (mt. 728), a poco più di un chilometro dal paese di Deliceto. Pur vicinissimo alla rotabile, è tuttavia un luogo riservato e silenzioso, ed offre un panorama superbo: sulla destra il paese medievale, aggrappato alla rupe su cui svetta l’imponente castello normanno svevo; di fronte, l’esteso bosco di Valle in Vincolis, di querce e cerri; più lontano, il paese di Sant’Agata, anche esso su di un cocuzzolo intorno ad un castello. Sulla sinistra, lo sguardo scivola verso la pianura del Tavoliere delle Puglie e, nelle giornate limpide, si spinge fino al Gargano ed al mare. La sera, in lontananza, è tutta una circonferenza di luci. Del resto questo era un posto apprezzato già da millenni, come rivela una lapide romana, con iscrizione funeraria, ritrovata nei pressi del fabbricato ed oggi ancora visibile.
Ed altrettanto prestigioso è il fabbricato, cui fanno da corollario un pozzo; un antico abbeveratoio con fonte d’acqua perenne, funzionanti e recentemente restaurati; le rovine di una antica conceria, tutte nel raggio di brevi passeggiate nel verde.
I discendenti di quell’antica famiglia, che oggi gestiscono la struttura, hanno provveduto ad un integrale restauro anche del fabbricato, che tuttora conserva l’aspetto ottocentesco: l’esterno in mattoni e pietra viva, l’interno dalle grandi camere con alte volte a 
padiglione e ampie finestre panoramiche. Conservati e restaurati i camini, gli stipi a muro, l’antica cucina, utilizzata, oggi come un tempo, per la prima colazione; le feritoie per difendersi dai briganti – ed infatti nel 1865 il brigantaggio era ancora di casa-; gli incavi nello squarcio delle finestre per inserirvi le travi di sbarramento. Lo stesso arredo è in gran parte d’epoca. Il corretto e minuzioso restauro riesce peraltro a convivere armoniosamente con quanto le esigenze odierne impongono, come il bagno e la televisione in ogni stanza, il riscaldamento centralizzato. Lo spazioso vano d’ingresso, che serviva anche da rimessa per il calesse della famiglia - e che conserva ancora la mangiatoia riservata al cavallo padronale - è oggi la reception; mentre l’adiacente grande stalla per gli animali da lavoro, resa fruibile nella sua originaria struttura con i mattoni a vista delle ampie volte, è diventata una capiente sala convegno e luogo comune di trattenimento per gli ospiti, che possono giocare a carte, guardare insieme la televisione, conversare, o leggere un libro della fornita libreria.
Un’oasi di verde e di quiete sui Monti Dauni meridionali; una tenuta adatta al riposo e al relax e che nello stesso tempo, con i suoi dieci ettari, permette passeggiate, trekking, e pedalate con le mountan bike o escursioni con la moto quad, che la Casina offre come servizio per i suoi ospiti.